Ipocondria (disturbo da sintomi somatici)

Dott. Giorgio ConteAnsia, Psicologia, Psicosomatica

Circa il 75% degli individui a cui era stata precedentemente diagnosticata ipocondria, rientrano nella nuova classificazione del DSM-5 (Manuale diagnostico statistico dei disturbi mentali), nella diagnosi di disturbo da sintomi somatici.

Vi è mai capitato di vedere una strana macchiolina sul corpo e pensare di avere contratto chissà quale malattia esantemica, o invalidante? O magari vi sentite deboli e stanchi è avete la convinzione di stare per morire? Anche voi cercate su internet tutte le possibili diagnosi mediche che possano corrispondere a sintomi che nella maggior parte dei casi svaniscono poche ore più tardi? Magari per questo e per altri atteggiamenti simili vi siete fatti la fama degli ipocondriaci agli occhi dei vostri parenti e amici. Spesso, forse, siete anche stati derisi, presi in giro e magari non vi siete sentiti presi sul serio laddove avvertivate dolore e questo vi causava un forte stato d’ansia. Dopo aver cercato su internet (e preso chissà quali spaventi constatando che i vostri sintomi erano simili a quelli di pericolosissime malattie…) vi siete fatti prendere dall’ansia e vi siete recati dal medico di base, o a spendere denaro nel fare chissà quante analisi specialistiche per un quadro sintomatologico che nella stragrande maggioranza dei casi, o recede da solo in pochi giorni, o svanisce così com’era venuto.
Spesso le ipocondrie, alla pari dei disturbi psicosomatici, non vengono presi sul serio. Voi però si, e questo è quello che davvero limita la vostra vita quotidiana. Si chiamano disturbi da sintomi somatici e prende il posto dei disturbi somatoformi, o ipocondria nella vecchia categorizzazione nosologica.

Prevalenza e manifestazioni
La prevalenza delle persone affette da questa sindrome è compresa tra il 5-7% con maggiore presenza nei soggetti di sesso femminile. Gli individui avvertono tipicamente un’angoscia che si concentra sui sintomi esperiti e sul loro significato. Se interrogati direttamente riguardo al loro disagio, alcuni lo descrivono relativamente ad altri aspetti della loro vita, altri negano ogni fonte di disagio oltre ai sintomi somatici.

I cambiamenti con il DSM-IV TR
La rivoluzione concettuale tra le due edizioni sta nel fatto che nella versione più recente si dà maggior rilievo a una diagnosi posta in base ai sintomi e ai segni visibili, piuttosto che all’assenza di una condizione medica per tali sintomi somatici. In sostanza il locus clinico non si basa più sull’effettiva elaborazione oggettiva dei sintomi presentati dal soggetto, ma da come egli li interpreta. I criteri precedenti, infatti, davano maggiore importanza alla centralità dei sintomi inspiegabili dal punto di vista medico. Questo metteva il professionista nella condizione rischiosa e poco etica di diagnosticare un disturbo mentale solo perché non ne si conoscono le cause mediche. Altresì, la presenza di una diagnosi medica non ne esclude una mentale in comorbilità. Inoltre il dato di fatto riscontrato nella prassi oggettiva è che le persone affette da sintomi somatici tendono ancora oggi a rivolgersi più a medici non psichiatri che ad esperti della sanità mentale quali appunto psichiatri e psicologi, pertanto le diagnosi dei disturbi somatoformi erano di difficile interpretazione per i medici ‘non addetti ai lavori’.

Sintomi e manifestazioni
Le caratteristiche di tipo cognitivo comprendono l’attenzione focalizzata sui sintomi somatici, l’attribuzione di normali sensazioni fisiche a una malattia organica, paura di essere malati e timore che qualsiasi attività fisica possa essere nociva per il corpo. La persona ricorre spesso al controllo del proprio corpo alla ricerca di anomalie a richiedere l’aiuto e le rassicurazioni del medico, e dei familiari. Qualunque rassicurazione del medico che i sintomi non sono indicativi di una grave malattia viene presa dal soggetto come se egli non prendesse sul serio i suoi sintomi.

Criteri diagnostici per il disturbo da sintomi somatici
Secondo il DSM-5 per diagnosticare questa patologia serve la compresenza di questi criteri:
A- Uno o più sintomi somatici che procurano disagio, o portano ad alterazioni significative della vita quotidiana
B- Pensieri, sentimenti, o comportamenti eccessivi correlati a sintomi somatici, o associati a preoccupazioni relative alla salute, come indicato per almeno uno di questi criteri
1. Pensieri sproporzionati e persistenti circa la gravità dei propri sintomi
2. Livello costantemente elevato di ansia per la salute, o per i sintomi
3. Tempo ed energie eccessive dedicati a questi sintomi o a preoccupazioni riguardanti la salute
C- Sebbene possa non continuativamente presente alcuno dei sintomi, la condizione di essere sintomatici è persistente (da più di 6 mesi)
Inoltre lo psicologo o psichiatra che diagnostica il disturbo deve specificare se il quadro sintomatologico è corredato da un disturbo predominante (ex disturbo algico), o persistente (marcata compromissione e durata superiore a 6 mesi) e infine il livello di gravità (lieve, moderata, grave).

Fattori di rischio
Alcuni fattori facenti parte la sfera psico-socio-culturale del soggetto possono essere concausa e aspetto predittivo dello sviluppo della patologia. Ad esempio fattori temperamentali quali il tratto di personalità dell’affettività negativa (nevroticismo), o fattori ambientali a causa della bassa scolarizzazione, o del non elevato status socioeconomico, o chi è particolarmente coinvolto in periodi o situazioni stressanti.

Terapia e cura
ll primo passo per riprendere in mano la propria vita e non farsi più travolgere la propria quotidianità dalle paure tipiche dell’ipocondria è rivolgersi ad uno psicologo, o psichiatra psicoterapeuta.
Il soggetto ipocondriaco è intrappolato in una spirale viziosa che non solo rende vani i tentativi di rassicurazione e le valutazioni critiche che esso rivolge alla propria condizione, ma, in più, si nutre di tali tentativi e valutazioni.
I tentativi di rassicurazione autonomi (autoesami, ricerche di informazioni su internet, ecc.) ed eteronomi (pareri continui chiesti ai familiari, visite mediche, esami specialistici, ecc.) solitamente non funzionano o funzionano solo temporaneamente e soprattutto in molti casi inaspriscono i timori ipocondriaci (un’espressione incerta del medico farà sorgere nuovi dubbi, un valore ematico anomalo rafforzerà la convinzione di essere gravemente malati, ecc.).
L’intervento psicoterapeutico dovrà perciò avere tra i suoi obiettivi principali quello di individuare e interrompere le spirali viziose dell’ipocondria.

Bibliografia e sitografia
American Psychiatric Association, 2014. DSM-5 Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, quinta edizione. Raffaello Cortina editore
Saliani, A.M. (2010), L’ipocondria. In: Perdighe C., Mancini, F. Elementi di Psicoterapia Cognitiva. Roma, Giovanni Fioriti Editore, pp. 173-207).

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