La dismorfofobia

Dott. Giorgio ConteDismorfofobia, Psicologia

Vi siete mai domandati cosa vediamo realmente quando ci mettiamo di fronte ad uno specchio riflettendo il nostro corpo? Esso non rappresenta solo un immagine, bensì è il risultato dell’unione e della mediazione di diversi aspetti: la percezione e la stima delle dimensioni del proprio corpo, aspetti affettivi e cognitivi che includono sentimenti e preoccupazioni legati ad esso e per ultimo anche aspetti comportamentali. P. Schilder, nel 1935, coniò il concetto di “immagine corporea” definendola come “Quel quadro del nostro corpo che formiamo nella nostra mente e come ogni quadro, nel guardarlo, possiamo provare emozioni, possono emergere ricordi e sensazioni.”

L’ambiente in cui stiamo crescendo, l’interazione con i nostri coetanei e anche con i nostri genitori possono condizionare il nostro sviluppo. Si è maggiormente sensibili al giudizio altrui e si va creando, durante il periodo adolescenziale, un’ideale del proprio corpo che risente dell’influenza dei mass media ma anche dei confronti con i propri pari. Vi è un continuo paragone fra quello che è il proprio corpo e il corpo ideale. Il  corpo in adolescenza è soggetto a continui e rapidi cambiamenti: l’aumento di peso, lo svilupparsi delle forme, l’acne, sono tutte manifestazioni spesso momentanee che possono contribuire ad una maggiore difficoltà nell’accettazione della propria forma fisica. Va da sé che in questa situazione una maggiore vulnerabilità dal punto di vista emotivo e psicologico può far si che si provi un maggiore disagio. L’insoddisfazione nei confronti della propria forma fisica è assai diffusa sia fra il sesso femminile che fra il sesso maschile, in alcuni casi può però portare alti livelli di sofferenza che possono interferire con la vita dell’individuo. Le preoccupazioni possono farsi talmente pressanti infatti, da portare il soggetto ad effettuare continui Body Checking ossia comportamenti di controllo che vanno dal guardarsi allo specchio molte volte durante la giornata, pesarsi più e più volte al giorno, verificare la perdita di peso e la propria taglia indossando abiti attillati, misurare la circonferenza di cosce, fianchi ed addome, chieder continue rassicurazioni sul proprio aspetto. La persona può impiegare diverse ore per prepararsi prima di uscire, ed evitare di farlo qualora non si fosse raggiunto l’aspetto desiderato.

Coloro che hanno di sé una rappresentazione negativa dedicano molte ore della loro giornata al proprio aspetto fisico e maggiore è l’insoddisfazione maggiore è il tempo impiegato nel controllare e cercare di rimediare ai difetti percepiti. Ne consegue che a seconda della maggiore o minore vulnerabilità al giudizio si andrà formando un idea di sé più o meno coerente che potrà portare con sé maggiore o minore sofferenza; in alcuni casi, si va incontro alla dismorfofobia.

L’interesse sociale nei confronti del Disturbo di Dismorfismo Corporeo (BDD) è cresciuto solo recentemente nonostante sia stato documentato per la prima volta nel 1886 dal ricercatore italiano Morselli sotto la denominazione “Dismorfofobia”.

La caratteristica essenziale del Disturbo di Dismorfismo Corporeo è la preoccupazione eccessiva per un difetto nell’aspetto fisico. Il difetto può essere immaginario, oppure, se è presente una piccola anomalia fisica, la preoccupazione del soggetto risulta enormemente esagerata. La preoccupazione infatti, deve causare un disagio significativo o menomazione nel funzionamento sociale, lavorativo, scolastico e sentimentale. In particolare il soggetto può mettere in atto strategie di evitamento talmente estreme fino ad arrivare al punto da non uscire più di casa. Le problematiche collegate al disturbo possono addirittura promuovere ideazioni anticonservative fino al suicidio. Rilevante risulta la richiesta di  continui trattamenti estetici se non di veri e propri interventi di chirurgia estetica. Le parti anatomiche oggetto della preoccupazione possono essere varie come: i capelli, le rughe,  grandezza o forma del naso, il seno,  peluria, orecchie ecc. Comunque, il disturbo può non essere diagnosticato per molti anni, perchè spesso questi soggetti sono riluttanti a rivelare i loro sintomi. L’esordio può essere sia graduale, sia improvviso. Il disturbo spesso ha un decorso pressoché continuativo, con pochi intervalli liberi da sintomi, per quanto l’intensità dei sintomi possa aumentare e diminuire nel tempo. La parte del corpo al centro della preoccupazione può rimanere la stessa oppure cambiare.

A riguardo, l’approccio terapeutico cognitivo-comportamentale sembra essere particolarmente utile per modificare la percezione distorta di sé, ridurre i comportamenti di controllo del difetto e il recupero di una relazione positiva con la propria immagine e con gli altri.

Bibliografia
DSM-IV-TR Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali – Text Revision, 2002
Mian E.  “Specchi. Viaggio all’interno dell’immagine corporea”. Phasar ed. 2006
Cash, T.F. (2002) A “Negative Body Image”, Evaluating Epidemiological Evidence, cap. 31, pp.269-276, tratto da Cash, T., Pruzinsky, T. Body Image: a Handbook of Theory, Research, and Clinical Practice. The Guilford Press, New York
Schilder, P. (1935). The image and appearance of the human body: studies in the constructive energies of the psyche. London: K. Paul, Trench, Trubner & co