Il Cohousing: un antidoto contro la crisi economica e sociale

Dott. Giorgio ConteCuriosità, Psicologia di comunità

In un’epoca in cui, come dice Marco Lodoli, “quasi ogni palazzo è l’esempio di una comunità fallita”, il Cohousing e i condomini solidali possono rappresentare una delle risposte concrete per costruire e ritrovare dimensioni perdute di socialità, di aiuto reciproco e di buon vicinato.
La moderna teoria del cohousing è nata in Danimarca negli anni ’60 da un gruppo di famiglie insoddisfatte delle abitazioni e delle comunità nelle quali vivevano e che sentivano lontane dai propri bisogni quotidiani. Venti anni più tardi, nel 1988, due architetti statunitensi, Kathryn McCamant e Charles Durrett, introdussero questo termine negli Stati Uniti, traducendolo “cohousing”, dopo aver visitato e fotografato numerose comunità di cohousing in Danimarca e aver scritto un libro sull’argomento.
Questo nuovo modo di abitare offre la possibilità di combinare l’autonomia dell’abitazione privata con i vantaggi di servizi, risorse e spazi condivisi (micronidi, laboratori per il “fai da te”, car sharing, palestre, stanze per gli ospiti, orti, giardini, lavanderia, piscina, ecc.) e con i benefici dal punto di vista sia sociale che ambientale. Il concetto di comunità cohousing quindi, unisce insieme i vantaggi tradizionali dell’essere padrone della propria casa e delle proprie cose, con quelli di avere in condivisione certi altri servizi, oltre che avere rapporti più frequenti e profondi con i vicini, i quali sono sempre disponibili nell’aiutare chi vive accanto a loro.
Questi quartieri, o borghi cooperativi, sia quelli specificatamente per gli anziani che quelli di età mista, sono una delle soluzioni più interessanti per le sfide sociali e ambientali di oggi.
Oggi esistono oltre 600 comunità di cohousing in Danimarca e dozzine nel resto dell’Europa (in particolare Regno Unito, Olanda, Svezia e Germania). Ci sono già più di 200 cohousing negli Stati Uniti e tanti altri in via di realizzazione. Anche il Canada e l’Australia hanno visto lo sviluppo di numerose comunità. In Danimarca, inoltre, si sta avviando perfino la costruzione di interi quartieri della città seguendo il modello cohousing.
Il termine “cohousing” letteralmente significa co-abitare: indica uno stile di vita nuovo che combina l’autonomia dell’abitazione privata con i vantaggi di servizi, risorse e spazi condivisi. Gli insediamenti abitativi sono in genere composti da 20-40 unità abitative, per famiglie e single, che si sono scelti tra loro e convivono come una comunità di vicinato (vicinato elettivo), i quali hanno dato poi vita, attraverso un processo di progettazione partecipata, alla realizzazione di un villaggio dove coesistono spazi privati, la propria abitazione, spazi comuni, i servizi condivisi, gestendo i servizi e gli spazi comuni in modo collettivo. Le strutture edilizie (ristrutturazioni, o nuove edificazioni) sono improntate alla sostenibilità ambientale ed alla bioedilizia; i criteri e requisiti per la progettazione sono: corretto dimensionamento, fruibilità, flessibilità, manutenibilità, sostenibilità.

Caratteristiche principali
Ogni progetto di cohousing ha una storia diversa e proprie caratteristiche, ma vi sono anche molti tratti in comune:
Progettazione partecipata: I futuri abitanti partecipano direttamente alla progettazione del “villaggio” in cui andranno ad abitare scegliendo i servizi da condividere e come gestirli;
Vicinato elettivo: La comunità di cohousing sono elettive: aggregano persone dalle esperienze differenti, che scelgono di formare un gruppo promotore e si consolidano con la formazione di una visione comune condivisa;
Comunità non ideologiche: Non ci sono principi ideologici, religiosi o sociali alla base del formarsi di comunità di coresidenza, così come non ci sono vincoli specifici all’uscita dalla stessa;
Gestione locale: Le comunità di cohousers sono amministrate direttamente dagli abitanti, che si occupano anche di organizzare i lavori di manutenzione e della gestione degli spazi comuni;
Struttura non gerarchica: Nelle comunità di cohousing si definiscono responsabilità e ruoli di gestione degli spazi e delle risorse condivise (in genere in relazione agli interessi e alle competenze delle persone) ma nessuno esercita alcuna autorità sugli altri membri; le decisioni sono prese sulle base del consenso;
Sicurezza: Il cohousing offre la garanzia di un ambiente sicuro, con forme alte di socialità e collaborazione, particolarmente idoneo per la crescita dei bambini e per la sicurezza dei più anziani;
Design e spazi per la socialità: Il design degli spazi facilita lo sviluppo dei rapporti di vicinato e incrementa il senso di appartenenza ad una comunità;
Servizi al valore aggiunto: La formula del cohousing, indipendentemente dalla tipologia abitativa, consente di accedere, attraverso la condivisione, a beni e servizi che per il singolo individuo hanno costi economici alti;
Privacy: L’idea del cohousing permette di coniugare i benefici della condivisione di alcuni spazi e attività comuni, mantenendo l’individualità della propria abitazione e dei propri tempi di vita;
Benefici economici: La condivisione di beni e servizi consente di risparmiare sul costo della vita perché si riducono gli sprechi, il ricorso a servizi esterni, il costo dei beni acquistati collettivamente;
Quest’ultimo è sicuramente uno dei tratti che meglio ritrae quella che è l’immagine “pratica” di questo fenomeno; infatti in una comunità cohousing la spartizione di beni di consumo e di utilizzo sociale come ad esempio la lavanderia, ingredienti per la cucina, beni di consumo ecc, è cosa molto probabile, se non addirittura consuetudinaria.

Le motivazioni e i vantaggi dei Cohousers
Le motivazioni principali che portano alla coresidenza riguardano la diffusa aspirazione a ritrovare dimensioni perdute di socialità, di aiuto reciproco e di buon vicinato e, contemporaneamente, il desiderio di ridurre la complessità della vita, dello stress e dei costi di gestione delle attività quotidiane. Il cohousing è uno stile di abitazione collaborativo che cerca di superare l’emarginazione contemporanea dell’individuo nel quartiere, in cui nessuno conosce il suo vicino e dove non si vive alcuna appartenenza. Nonostante i successi tecnologici della comunicazione con internet, videofonia, ecc, l’uomo si sta sempre più isolando ed emarginando dalla comunità anche intesa come mero vicinato abitativo.
Nel cohousing, invece, si accetta volentieri un passaggio dal vicino quando la propria auto è in riparazione e facilmente si crea una tale fiducia da lasciare il proprio figlio presso la casa di un altro. Nella comunità cohousing si hanno case private con la propria cucina, soggiorno, camera da letto ecc, ma in più hanno dei servizi in comune progettati in modo da promuovere lo sviluppo del sano rapporto sociale.
Inoltre a sostegno della scelta di vivere in una comunità cohousing c’è l’implicita accettazione di buone norme etiche e sociali e di valori legati al rispetto e alla tutela dell’ambiente e dell’ecologia. Infatti vengono utilizzati materiali ecologici, biodegradabili e vengono adottate altre piccole accortezze come il progettare il parcheggio per le automobili lontano dalle abitazioni.
I vantaggi del vivere in una comunità cohousing sono sia il risparmio di tempo che in denaro. Il cohousing, infatti, comporta un minor costo dell’abitare, grazie alla condivisione di alcuni aspetti del vivere quotidiano: cucina comune, gruppi di acquisto, lavanderia, asilo/ludoteca, impianti solari/fotovoltaici comuni, ecc.; rende possibile inoltre acquistare beni/servizi che la singola famiglia difficilmente potrebbe permettersi; la cena in comune, per esempio, non solo aumenta la socializzazione, ma riduce notevolmente il costo del pasto. Si risparmia anche in termini di tempo, in quanto i cohousers si spartiscono dei turni in cucina di 3-4 volte al mese circa ciascuno, inoltre, con l’adozione del car-sharing vengono abbattute anche le spese per gli spostamenti. La possibilità di avere spazi condivisi riduce il bisogno di spazi privati. Uffici, camere per gli ospiti, officine, sala riunioni, spazi per i bambini, cucina comune, ecc., diminuiscono proporzionalmente le dimensioni degli appartamenti privati. La disponibilità di risorse comuni permette ai residenti di ridurre gli acquisti degli oggetti necessari senza pregiudicare la qualità della vita. L’utilizzo in comune di computer, stampanti, fax, attrezzature per praticare sport, o fare campeggio, lavatrici e congelatori, ecc., comporta un risparmio notevole sia nell’investimento iniziale che nei costi di manutenzione. Il Cohousing crea un ambiente in cui lo scambio di conoscenze, capacità, professionalità e tempo è una pratica comune. Oltre ai benefici economici per il singolo cittadino/famiglia, una politica di incentivazione di cohousing sostenibile comporta notevoli benefici economici anche per le amministrazioni pubbliche e per la società. Abbassando l’inquinamento e lo sfruttamento delle risorse naturali ed aumentando la qualità della vita diminuiscono i costi della sanità, dei servizi sociali, delle infrastrutture, ed in generale tutti i costi generati dal malfunzionamento della città.
Altro punto di forza del cohousing è l’educazione dei bambini. Grazie alla maggiore ricchezza di contenuto delle relazioni sociali, i bambini sono più stimolati a sviluppare lo spirito di collaborazione con gli altri, di fatto questo ne aumenta l’autostima e la capacità di comunicazione e relazione con gli adulti.

Chi può andare a vivere in cohousing?
Le statistiche dicono, però, che solo il 10% delle famiglie che inizialmente decidono di andare a vivere in cohousing supera la prima fase di preparazione e un numero ancora inferiore andrà realmente a viverci.
Il cohousing non risponde a un’ideologia religiosa o politica, ma semplicemente al bisogno di vivere in un ambiente urbano più solidale, ecologico e in definitiva, più ricco di rapporti sociali, secondo le regole e le modalità con cui ogni singola esperienza deciderà di caratterizzarsi.
Per funzionare il cohousing, pertanto, deve essere ideato da chi decide di viverci, i residenti devono organizzare e progettare loro stessi lo spazio fin dall’inizio con l’aiuto di tecnici. Dopodiché il periodo che va dai primi mesi ai sette anni circa di convivenza è il “rodaggio” che determina l’identità del gruppo. Durante questa fase, infatti, i futuri cohousers si conoscono, imparano a convivere confrontandosi. Lo scopo è quello di imparare a gestire i problemi e i conflitti inevitabili in ogni gruppo. Ma come fare per evitare che la vicinanza e la condivisione sfocino in forti conflitti come accade solitamente in molti condomini? La consapevolezza che non basti la buona volontà e la condivisione delle linee guida che il gruppo si da, fa si che per molti sia necessario attrezzarsi con strumenti importanti come le tecniche di comunicazione attiva e di gestione del conflitto, di cui fa parte anche il metodo del consenso, per prendere le decisioni in gruppo.

Bibliografia e sitografia

Conte G., (2012) Il Cohousing: un antidoto contro la crisi economica e sociale. Tesi di laurea LUMSA Roma a.a.2010/2011
Bramanti, D. (2009), Le comunità di famiglie: cohousing e nuove forme di vita familiare Milano, ed. Angeli;
Davis, L.A., (2011), Cohousing and Sustainability Rating Systems: Opportunities for Planning Groups and Developers, Proquest, Umi Dissertation Publishing;
McCamant, K., Durrett, C., Hertzman, E., (1994), Cohousing: A contemporary approach to housing ourselves, Berkeley: Ten Speed Press;
McCamant, K., Durrett, C., (2011), Creating Cohousing: Building Sustainable Communities. New Society Publishers;
Scotthanson, C., Scotthanson, K., (2004), The cohousing handbook: Building a place for community, New society publishers;

www.cohousing.it
www.cohousingitalia.it
www.cohousing.org
www.cohousing.org.uk