Adolescenti “cool” a rischio da adulti

Dott. Giorgio ConteAdolescenza, Curiosità, Ricerche

La scena in “Ragazze a Beverly Hills” (Clueless) in cui l’emarginata Ty è invitata a uscire da Cher e Dion, le ragazze più popolari del Liceo, illustra il momento per eccellenza in cui un “brutto anatroccolo”, si trasforma nel/nella ragazzo/a più popolare della sua scuola.
La filmografia contemporanea è intrisa di stereotipi e immagini che mettono in contrapposizione il modello del “ragazzo/a figo/a, contro il modello dello sfigato/a.
Ma coloro i quali si sentono popolari e apprezzati durante l’adolescenza dal gruppo dei pari, ricevendo continuamente complimenti, o feedback positivi, successo con i coetanei sia nella sfera emotiva che in quella sentimentale, riusciranno a cavalcare l’onda del successo anche da adulti, o ne verranno travolti? Al contrario, i ragazzi tacciati di essere sfigati, resteranno etichettati tali per tutta la vita? Quali sono i meccanismi che fanno invertire la tendenza e come fare per ottenere/mantenere il giusto successo anche da adulti?

Innanzi tutto chiariamo il fatto che non è sempre fondamentale documentare il proprio divertimento, o le proprie pose migliori in color seppia su Instagram o su Facebook come usano fare gli adolescenti di oggi, come (e soprattutto) non è sempre producente avere un atteggiamento da “duro” da adulti come poteva invece esserlo da adolescenti.

Alcune ricerche affermano che chi è “figo” da giovane non è detto lo sia altrettanto da adulto.
Secondo un recente studio condotto presso l’Università di Exeter, imitare gli altri induce i soggetti a smettere di rispondere ai cambiamenti nel loro ambiente naturale. I soggetti in questione si fermano di ascoltare i propri istinti (che di solito sono corretti) e semplicemente fanno quello che fanno gli altri. In altre parole, le persone, smettono di essere sé stessi e iniziano a seguire la massa come fanno le “pecorelle”. Ragazzi “cool” adolescenti si trasformano in … adulti “uncool”. Un consiglio dunque, come spesso dicevano le nostre madri, “non confonderti nella massa”.

Secondo lo studio del prof. Joseph Allen dell’Università della Virginia e ricercatore presso la Society for Research in Child Development, invece, le piccole star a 13 anni, rischiano di diventare “delinquenti” da grandi.
Lo studio ha analizzato la crescita a lungo termine dei più “fighi” della scuola, i quali a 13 anni venivano guardati dai coetanei con invidia, ammirazione e rispetto. Questi, da adulti invece, diventano “i tipi da evitare”…
Ragazze truccate che uscivano con ragazzi più grandi, ragazzi che bevevano birra, erano considerati cool e belli. “E poi hanno preso una brutta piega” spiega Joseph P. Allen in un articolo sul New York Times.
Crescendo troppo in fretta questi giovani avrebbero bruciato delle tappe. Popolari a 13 o 15 anni, questi adolescenti sono stati attirati da comportamenti a rischio come, alcool e delinquenza. Esperienze dalle quali i “meno fighi” erano tenuti lontani. Arrivati a 23 anni, il 45% dei 184 ex-adolescenti popolari avevano problemi.
Cercando di restare popolari, infatti, secondo Allen, questi giovani hanno bruciato le tappe e hanno preso come modelli ragazzi eccessivamente più grandi di loro.
La popolarità, inoltre, rende più vulnerabili. Basta osservare ciò che accade quando qualche personaggio finisce nell’occhio del ciclone di giornali, social media e tabloid. Il prof. Allen scopre che “la cosa che rende gli adolescenti popolari è l’essere in sintonia con le esigenze e le norme dei loro pari, ma ciò può avere conseguenze negative.” Forse, non si rendono conto di quanto sia instabile la popolarità a tutte le età e anche alla loro.
La timidezza, spesso, fa lavorare meglio il nostro cervello. Recenti scoperte suggeriscono che i soggetti introversi “hanno molti complessi interiori e una migliore capacità di elaborare il mondo che li circonda.” Nel posto di lavoro, le persone più sensibili possono anche essere “padroni e dirigenti migliori in determinate situazioni.” Non sorprende, che spesso gli estroversi hanno una maggiore tendenza ad entrare in conflitto con i colleghi.

Bibliografia e sitografia
Allen, J. P., Chango, J., Szwedo, D. E., Schad, M. M., & Marston, E. G. (2012). Predictors of susceptibility to peer influence regarding substance use in adolescence. Child Development, 83(1), 337-350. doi: 10.1111/j.1467-8624.2011.01682.x
Allen, J. P., Pianta, R. C., Gregory, A., Mikami, A. Y., & Lun, J. (2011). An interaction-based approach to enhancing secondary school instruction and student achievement. Science, 333(6045), 1034-1037. doi: 10.1126/science.1207998
Marston, E. G., Hare, A., & Allen, J. P. (2010). Rejection sensitivity in late adolescence: social and emotional sequelae. Journal of Research on Adolescence, 20(4), 959-982.
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Allen, J. P., & Antonishak, J. (2008). Adolescent Peer Influences: Beyond the Dark Side. Understanding Peer Influence in Children and Adolescents, 141-160.
www.psychologytoday.com/blog/valley-girl-brain/201412/5-reasons-you-dont-need-be-in-the-in-crowd?
www.culture.you-ng.it/2014/07/05/adolescenti-fighi-rischio-grandi/